Distopia in salsa IKEA
Da qualche anno il nome di Simon Stålenhag ha incominciato a non essere più solo conosciuto da un ristretto numero di appassionati di illustrazioni simil fantascientifiche. Con la pubblicazione di tre volumi di storie scritte ed illustrate da lui stesso e con un notevole tam-tam mediatico – le sue opere hanno visto la luce anche grazie a finanziamenti ottenuti da raccolte di fondi su internet – l’artista svedese ha infatti raggiunto un notevole successo, evidenziato anche dalla realizzazione di una serie televisiva trasmessa da Prime Video ed ispirata proprio al suo primo libro “Loop”.
Io stesso mi sono interessato alla sua opera dopo aver visto, e molto amato, gli otto episodi di “Tales from the Loop”; ho recuperato i tre volumi (“Loop”, “Flood” e “Electric state”) e mi sono innamorato dello stile di Stålenhag e delle atmosfere evocate dalla sua opera.
Volendo semplificare al massimo, le tematiche trattate riguardano il rapporto tra uomo e macchina – o forse, meglio, l’evoluzione della vita, nell’accezione più ampia che si possa immaginare – ed il difficile percorso di transizione tra adolescenza ed età adulta (anche in questo caso un passaggio da una forma di vita ad un’altra). Inoltre numerosi, e non casuali, sono i riferimenti ai dinosauri, appunto forme di vita che hanno lasciato, nel corso dell’evoluzione della terra, spazio a nuove specie di creature, non essendo riusciti a trovare i modi e gli spazi per una coabitazione che permettesse a tutti di continuare a vivere.
In una Svezia rurale della fine degli anni ’80 del secolo scorso una tecnologia assolutamente anacronistica perché futuristica, cerca di sopravvivere alla propria dismissione; la vita di una cittadina che economicamente dipende del tutto da queste macchine viene descritta con delicatezza e poesia in tutti i suoi aspetti di perdita e di sofferenza per gli avvenimenti che si susseguono. In realtà sono diverse le forme di vita che emergono da questa narrazione: infatti, accanto agli adulti che lavoravano nel Loop, vengono ben descritti anche i bambini che crescono proprio in un mondo in fase di transizione ma soprattutto assurgono al ruolo di protagonisti, al pari degli esseri umani, i robot e le macchine rappresentanti reali di una nuova specie vivente.
Nei primi due volumi il contrasto tra l’ambientazione nel passato recente e la futuribilità della tecnologia crea una sensazione di straniamento molto forte, acuita anche dal senso di abbandono che trasuda dalla descrizione delle macchine e del loro modo di “sopravvivere” – come nuova forma di vita – ai cambiamenti; nelle pagine dei due libri le immagini sono comunque spesso benevole e inducono ad una forma di empatia con le creazioni artificiali, vedendole quasi come un passo successivo nella scala dell’evoluzione. Diversa è la storia narrata in “Electric state” dove la tecnologia assume un aspetto molto più negativo e pericoloso, diventando di fatto causa di estinzione per la razza umana ma al tempo stesso suggerendo di essere artefice della creazione di una nuova specie nascente.
Mi concedo una piccola digressione: ho provato lo stesso senso di turbamento che mi hanno dato alcune immagini di Stålenhag guardando le scene finali di un bel film di fantascienza (Mist) in cui la presenza sulla Terra di una razza aliena porta al suicidio dei sopravvissuti umani; forse l’accostamento può sembrare un po’ azzardato ma in entrambi i casi l’angoscia che deriva dalla convivenza tra razze, cosa che risulta dolorosamente non semplice, mi è sembrata la stessa.
La descrizione dello svolgimento di una vita assolutamente normale ed accettata come un qualcosa di naturale, soprattutto in “Electric state”, risulta essere una distopia che si impone senza trovare impedimenti, con la semplicità che contraddistingue un’evoluzione quasi fisiologica della vita stessa pur senza imboccare una strada che sembri essere positiva. Non c’è però nell’opera dello svedese alcun segno di condanna o di “razzismo” in ciò che viene descritto; è più semplicemente la presa di coscienza di come l’uomo stia cambiando e forse non sia destinato ad esistere come tale o meglio come risulta essere ora. Sembra quasi di poter cogliere anche queste riflessioni nello sguardo finale con cui, nella serie di Prime video, Cole guarda sé stesso più giovane.
Sicuramente il tema della crescita e del cambiamento ai quali ho accennato finora possono essere legati a doppio filo con quelli dell’infanzia così ben rappresentata in tutti e tre i volumi e del difficile passaggio all’età adulta; anche in questo caso il discorso si concentra su un’evoluzione, una crescita ed un cambiamento appunto, e sulla difficoltà di conciliare tutti questi mondi così differenti riuscendo comunque a fare in modo che tutti riescano a trovare una loro collocazione nella vita.
Viene da pensare che anche le rappresentazioni della ruralità svedese e, in contrapposizione, della realtà metropolitana vicina a Stoccolma siano una metafora evolutiva di come possa cambiare l’esistenza con la crescita e così anche le nuove forme di vita e di civiltà che iniziano ad imporsi sul pianeta.
Dal punto di vista grafico tutti i disegni di Stålenhag nascono da studi su carta poi realizzati digitalmente con una tecnica che li fa sembrare molto simili a pitture ad olio e che li rende estremamente realistici tanto da sembrare veramente dei quadri. Le ambientazioni inoltre sono riprese da fotografie realmente fatte dall’autore e poi rielaborate anch’esse al computer… mi viene quasi da pensare che anche in questo si possa vedere un’affermazione di come l’arte possa evolvere da sé stessa in un qualcosa di nuovo che conserva però al suo interno memoria, e direi quasi cuore, di ciò che è stata.
Immediato trovo, guardando queste immagini, essere il richiamo ai quadri del pittore Edward Hopper; nelle immagini solitarie e malinconiche dello svedese a mio parere si può rivedere la stessa atmosfera di delicata tristezza che contraddistingue le opere dello statunitense ed anche le ambientazioni della campagna scandinava ricordano molto le visioni dei quadri di Hopper laddove la natura appare elemento dominante ed infine anche quelle più metropolitane riecheggiano i locali delle città della costa orientale americana dipinti dal celebre pittore.
Anche l’uso dei colori dice molto del messaggio che l’autore vuole dare; i colori tenui e mai violenti raccontano di situazioni ormai accettate ed irreversibili e collaborano a rendere più naturale tutta la narrazione del “Loop” e della nascita di nuove forme di vita. Nell’ultimo volume “Electric state” le tonalità diventano invece più cupe e sfumate, con immagini spesso notturne e nebbiose come a sottolineare la minor speranza nei confronti del futuro che permea tutta la storia.
Un’ultima cosa mi ha colpito incredibilmente: la prima volta che ho visto le opere di Stålenhag mi si è spalancato un mondo di ricordi e mi sono ritornati alla memoria alcuni libri che quando ero un bambino mi avevano letteralmente affascinato per la loro incredibile genialità e modernità, scritti raccontando del futuro come se fosse già avvenuto così come quelli dell’autore svedese parlano del futuro collocandolo nel passato. Quando avevo una decina di anni ho ricevuto in regalo tre volumi di fantascienza, scritti da Stewart Cowley ed illustrati da disegnatori come Peter Elson, Colin Hay, Alan Daniels, Tony Roberts ed Angus McKie, che mi hanno fatto innamorare ancora di più delle storie di sci-fi; nei libri di Stålenhag, nei suoi racconti e nelle sue illustrazioni, ho ritrovato, seppur riveduto dallo spirito del nuovo secolo, lo stesso gusto per scrutare nel futuro e per narrare quello che potrà essere l’evoluzione dell’uomo.
Consiglio davvero a tutti coloro che amano una narrazione delicata e suggestiva, ma che sappia anche essere fortemente indagatrice e stimolante dell’approfondimento filosofico, il recupero dell’opera di Stålenhag ed anche, se si avesse voglia di recuperare storie più datate, i tre volumi “Grandi guerre spaziali”, “Catastrofi spaziali” e “Navi spaziali dal 2000 al 2100 d.C.” di Cowley… o almeno invito tutti voi a rinunciare all’ultimo modello di neurocaster della Sentre, cosa che probabilmente potrebbe essere la scelta migliore per il vostro futuro…
Recensione de Il candido Umberto
“Loop”, “Flood”, “Electric state” di Simon Stålenhag Mondadori editore 25,00 euro