Un chien andalou
Già dalla lettura dell’introduzione al graphic novel scritta dall’autore stesso, mi è stato impossibile non avere un sottile brivido di piacere poiché, proprio come me, Andrea Cavaletto afferma di essersi avvicinato all’opera di Buñuel – il cortometraggio surrealista “Un chien andalou” – grazie al primo speciale di Dylan Dog; lui però ha palesemente delle capacità e delle doti che a me mancano totalmente, ecco perché per vostra fortuna adesso potete ammirare i suoi disegni di “Un chien andalou” e non i miei scarabocchi (ma perlomeno cercate di sopportare la mia recensione…).
Edizioni NPE ha pubblicato il lavoro cui Andrea Cavaletto si è dedicato in questi due anni nei mesi difficili della chiusura delle attività e che forse proprio per l’aria surreale del periodo risulta essere un prodotto speciale, assolutamente in linea con lo spirito della pellicola cui rende omaggio, proponendo un bel cartonato sicuramente interessante.
La cosa che maggiormente mi ha colpito di questo volume è senza dubbio l’aver gestito la trasposizione del film dal punto di vista cromatico in modo differente dall’opera originaria; la pellicola del 1929 era ovviamente in bianco e nero ma Cavalletto, con scelta ispirata ancorchè ardita, preferisce affidarsi a tavole colorate che scandiscono perfettamente il ritmo degli avvenimenti, o forse sarebbe meglio dire delle sensazioni, percepite durante le scene del cortometraggio.
L’alternanza dei colori azzurro freddo e rosso bruciante dell’inizio dell’albo sono assolutamente adatti a rappresentare il distaccato ed algidamente bianco atteggiamento dell’uomo che usa il rasoio per aprire – letteralmente – la vista della donna (che rappresenta lo spettatore) nelle caldissime e rossissime tavole dell’occhio tagliato.
La narrazione prosegue riproponendo in modo molto preciso le sequenze del film, soffermandosi su quelle più significative riuscendo addirittura a migliorarne la comprensione sfruttando proprio l’uso del colore per evidenziare la duplicità insita nei personaggi – e negli esseri umani – alternando e fondendo ad esempio il giallo ed il verde in “huit ans après” o lasciando una luce di speranza nelle scene dell’abbandono del proprio “io passato” alla fine del volume.
Sicuramente anche nell’adattamento a fumetti rimangono impresse le scene più celebri del film, ossia quella del taglio dell’occhio, quella delle formiche che escono dalla mano, quella dell’uomo che trascina i pesi delle sue remore od ancora la scena finale di “primavera”.
Ad ogni immagine rimane associato un colore che identifica così anche un determinato sentimento, o meglio, come dicevo, un modo di sentire… il rosso già menzionato del taglio al bulbo oculare ovviamente rimanda al colore del sangue, il giallo delle formiche e della mano da cui escono ricorda la terra e la dura realtà, il freddo grigio-azzurro delle tavole dei comandamenti, dei preti, dei pianoforte e dell’asino morto fanno pensare al peso della pietra quasi inamovibile che rallenta ogni nostro passo ed il verde-marrone dell’ultima immagine ci fa capire come la scena dei due amanti distanti e quasi decomposti sia fortemente indicativa dello stato psicologico dei due.
E’ sicuramente molto piacevole anche vedere rappresentati con precisione gli autori del lungometraggio; come noto infatti Luis Buñuel è l’interprete dell’uomo con il rasoio e Salvador Dalì, cosceneggiatore del film, è uno dei preti che rallentano i desideri dell’uomo. La resa grafica di Cavaletto è molto fedele ed anche da questo si nota il grande lavoro di studio, fotogramma per fotogramma, fatto sul cortometraggio; trovo che proprio da queste attenzioni ad essere il più possibile simile all’originale e dall’immenso lavoro di documentazione e trasposizione si possa capire la passione e quasi l’amore per l’opera che tanto ha affascinato ed intrigato Andrea (ed il sottoscritto).
Dal punto di vista grafico l’autore si affida ad un carboncino molto preciso e certamente adatto alle sfumature con le quali descrive ogni tavola; questa tecnica mi sembra essere anche incredibilmente indicata per rievocare la grana delle pellicole del primo novecento proprio come “Un chien andalou” e questa somiglianza, sin dalle prime tavole, mi è saltata subito agli occhi (ok, questa è proprio brutta come battuta…).
Questo volume permette con la sua cinquantina di pagine disegnate di recuperare uno dei momenti forse più importanti della nostra infanzia di “nerd” proprio per i motivi che il disegnatore stesso ci indica nell’introduzione, ossia la voglia di calarci con curiosità e spirito di avventura in un mondo di mostri ed orrori che rimandano ad altro di più profondo – e vicino – imparando a cercare sempre una risposta ed una verità più difficili da afferrare rispetto a quelle che sembrano essere ad una prima lettura o visione superficiali. Spero quindi che in tanti, come successe a Cavaletto ed a me, nasca il desiderio di recuperare e gustare il filmato originale senza ovviamente la speranza di capirlo realmente – e qui vi rimando alla prefazione del volume scritta da Andrea Guglielmino – anche perché con internet oggi la fatica nel farlo non è neppure paragonabile con quella fatta da noi alla fine degli anni ’80; e si sa che un approfondimento tira l’altro e quindi magari in poco tempo sempre più persone si renderanno conto che dai giornaletti trasuda – incredibile dictu – anche tanta cultura.
“E comunque non posso credere che non abbiate mai sentito parlare della scena del taglio dell’occhio…” (semi autocit.) … Sarò uno snob ma soffro ogni volta che devo pronunciare questa frase, quindi mettetevi d’impegno e non fatemi penare…
Recensione di il candido Umberto
“Un Chien Andalou” Andrea Cavaletto Edizioni NPE 16.90 euro