I 21 Vaffanculo di Zeno
La sveglia presto, andare a pisciare, il caffè, il telegiornale alla televisione, la macchia di muffa sul muro, i vicini già a quest’ora fanno rumore, la tapparella a metà, la lista sul frigo, il colore sbiadito dei capelli tirati all’indietro, il tavolo piccolo, due sedie, di cui una solo per il cappotto, il giornale di ieri poggiato sulla cucina in truciolato, bolle di dentifricio nel lavello, i pantaloni un po’ stinti ma la camicia stirata, la rasatura fresca, acqua di colonia, prendi la giacca, le chiavi e la ricetta, la sala d’attesa, fuori fa sole, nel corridoio azzurro e bianco, parla il dottore, Zeno è ora di morire, Zeno stai andando a crepare.
La storia di un muso duro, o forse soltanto avvizzito, che sceglie di esorcizzare i propri rancori come ultimo atto. La lista dei vaffanculo è abbastanza lunga da far intendere come una vita passata nei rimpianti e nei rimorsi, invecchi alla stessa maniera, forse solo un po’ peggio. Così Zeno Moretti, decide di intraprendere l’ultimo viaggio per portare a compimento la sua vendetta, in fin dei conti senza vittime. Sputare i suoi grovigli in faccia a persone che ne hanno dimenticato il motivo.
Il cappello della storia è una commedia nera, che mi ha riportato alla mente la serie culto “My name is Earl”, ma, rendendola ancora più interessante, svuotata dal positivismo. Non c’è riscatto o redenzione, nelle azioni di Zeno, anzi. Le reazioni delle persone presenti sulla lista sono intimamente legate alla realtà: il peso di ciò che accade non ha valori assoluti, ognuno viaggia sulla propria scala e osservare due punti di vista così distanti, su un medesimo avvenimento, mi ha strappato un sorriso. C’è una forza espressiva nel dialogo, figlia di una fluidità e scorrevolezza encomiabili; risulta ogni voce nitida e ben distinta, il lessico è asciutto e riesce, senza trucchi – come potrebbe essere l’uso senza freni del dialetto – ad arrivare dritto al punto. Non sono mai stato catapultato fuori dalla situazione, non ho avuto dubbi sul fatto di essere presente davanti a quello che accadeva a Zeno.
Il protagonista è incastrato nella stupida mascolinità in cui mi ritrovo spesso pure io, dove si cerca di sembrare dei goffi gorilla che non hanno a pretendere. Diciamo che quando la vedi da fuori, fa molto più ridere. E il buon Moretti riesce ad essere quel burbero testa di marmo, per cui simpatizzare.
E poi tutto ruota, si modifica: un paesaggio diventa un ritratto, le situazioni pensieri. Tutto precipita – o meglio, si innalza – nell’inaspettato, tanto per il personaggio, quanto per il lettore. Ferrara mi aveva intrigato col suo tratto personale, ma non è quello che mi ha fatto cadere dalla sedia. La narrazione visiva, invece, si. Le tavole del fumetto fanno quello che dovrebbe fare un fumetto, ovvero, incredibile a dirsi, essere un fumetto, sfruttando quello che – oh la Peppa – un fumetto può fare. È tutto sulla pagina e non serve altro per capire. Tempi visivamente miscelati nella composizione delle singole vognette, ricordi fantasma che vagano disegnati all’interno della verità della storia.
Un racconto breve, ma che riesce, in poche pagine, a prendersi tantissimo spazio, respirando a pieni polmoni, senza fretta. Parla del tempo, di quello che sta per finire, di quello perso, di quello che avrebbe potuto essere diverso e lo fa senza mai piangersi addosso, senza la teatralità non richiesta della tragedia, quella truce del narratore che conosce come unico modo di farti sentire qualcosa, darti un cazzotto in un occhio.
A me non piacciono le moine, non amo fare complimenti, ma I 21 Vaffanculo di Zeno me li strappa dalle mani. La mia migliore lettura del mese, che dovreste mettere fra le vostre.
I 21 vaffanculo di Zeno di Niccoló Roy e Giulio ferrara
Editore: Double Shot
Prezzo: 11 euro
Recesound: Sandwich Man – Paolo Conte