Origini Segrete – Origenes Secretos
O di come i Police non ci siano mai quando servono
Sting è riuscito a spiegarci alla perfezione, cosa significa essere un uomo inglese a New York. Capire e descrivere la differenza che passa fra l’essere appartenente ad una minoranza vessata ed essere un legal alien, un uguale non così uguale, è roba per pochi. Per questo Sting è Sting e David Galán Galindo – il regista di questo Origini Segrete – è David Galán Galindo. Una questione di dettagli; di come, parafrasando, i due scaldano il loro toast.
Il film infatti si propone di porre sotto la lente di ingrandimento chi ad oggi si trova nella terra di mezzo dove il confine che separa il vivere in una sfumatura della norma ed essere in una scatola a parte, è molto meno di un fiume e un bel po’ di più di un ruscello: i nerd, od i geek, o come li volete chiamare.
Non volendo stare qui ad esaminare il significato attuale della parola nerd, occorre comunque dire due parole su come, per quanto impattante nella cultura pop tutto quello che è legato a quell’immaginario, non c’è ancora un legame così profondo con lo strato sociale da fare in modo che assecondare determinate passioni, come può essere ad esempio la lettura di fumetti, possa essere considerato alla stregua di essere un fondamentalista della mezza maratona, o di essere un informatissimo spettatore di un qualche programma in prima serata. Insomma, noi nerd non abbiamo propriamente conquistato il mondo, ma più che altro preso in prestito qualche carta, per poter piazzare una manciata di carrarmatini in Kamchakta.
E qui questo Origini Segrete, vorrebbe intervenire per rimettere le cose a posto, in difesa di questa sottocultura. Peccato che lo faccia in maniera grossolana e maldestra, ottenendo in pratica, il risultato opposto, come vedremo dopo.
Lo spunto della trama è piuttosto intrigante, anche se una semplice variazione sul tema di idee viste e straviste: un assassino sta disseminando Madrid di cadaveri, imitando, nelle scene del crimine, le storie di origini dei supereroi dei fumetti. Il detective David Valentine (Javier Ray), si vedrà costretto a ricorrere all’aiuto di un insolito partner, Jorge Elias (Brays Efe), proprietario di una fumetteria e unico consulente attendibile per questo strano caso legato al mondo dei supereroi. A guidare le operazioni ci sarà Norma (Veronica Echegui), trait d’union fra i due personaggi ed i loro mondi, apparentemente così distanti.
La pellicola si propone come un’interessante commistione di generi diversi, dove troviamo una marcata propensione alla commedia americana, una base thriller investigativa ed una progressione da buddy movie. Sebbene tutto sia ambientato in Spagna, in realtà vi è ben poco di spagnolo, nell’atteggiamento e nelle scelte stilistiche ed è proprio la parte comedy a risentirne maggiormente. Da estimatore della commedia spagnola, mi sento di dire che della sua scuola, in questo film manca tutto. Mancano i ritmi nevrotici come i suoi personaggi, il senso dell’assurdo e le situazioni paradossali, il regista prende ispirazione più dai film di Apatow, anziché pescare, come sarebbe logico, da un prodotto spagnolo centratissimo come può essere La Comunidad. Ciò comporta risultati minati da questa mancanza di identità, cosa che si nota, anche se forse in minor misura, anche quando entriamo nel territorio dominato da Arma Letale, ovvero il buddy movie di stampo action, dove diviene centrale il rapporto fra la coppia di colleghi improvvisata. Ad aiutare l’andatura claudicante del duo, ci pensa il personaggio di Norma, cui vengono affidate quelle che forse sono le linee di dialogo migliori di tutto il pacchetto. Molto bene invece l’architettura thiller, che nonostante il tono scanzonato del tutto, riesce a mantenere elementi tensivi quanto basta e ha un’apprezzabile linearità di fondo che non ho mai messo in discussione durante la visione. Nel complesso ne risulta un buon tentativo di sperimentazione fusion, non ai livelli di Regatta De Blanc, ma Sting è Sting e…
Tornando a quello che il film vorrebbe raccontarci, ovvero che i nerd sono tutto sommato persone rispettabili, abbiamo detto che il tentativo non è dei più riusciti. Questo perché soffre di una sorta di conflitto interiore – non ci è dato sapere se per differenze d’intenzioni fra regista e sceneggiatore, o se per motivi di produzione, o se la cosa sia effettivamente voluta – in cui la scrittura non coincide con sé stessa, in continuo dualismo. Da una parte, sommersa in un incessante citazionismo da fare invidia a Ready Player One, continua a dirci quanto sia moralmente e socialmente accettabile fare parte di un gruppo di appassionati nerd, di come poi in fondo sia una sottocultura appartenente a tutti, come sia possibile far coincidere una realizzazione personale con hobby che ai più possono apparire infantili, dall’altra non fa altro che rimarcare quanto in effetti questo non sia vero, dipingendo i meno edificanti cliché sull’inettitudine sociale, sulla solitudine e sull’aspetto fisico. Se da una parte abbiamo il bel tebroso David che trasmette tutta la sicurezza del mondo su dove andrà a parare la storia, apparendo stoico, virile e retto, dall’altra c’è Jorge, spalla addirittura consapevole e felice di essere spalla, in attesa del croccantino dell’amicizia del protagonista, non potendo aspirare ad obbiettivi più alti.
Che ti piacciano i fumetti lo accettiamo pure, adesso mica vorrai essere addirittura rilevante?
Di tutta altra pasta è invece il personaggio di Norma, da cui sono rimasto sorpreso: non solo evita per buona parte le descrizioni didascaliche riservate agli altri, ma rappresenta la donna forte che si prende il suo ruolo per meriti propri, agendo consapevolmente grazie alle sue virtù – molto umane ed imperfette, poco tendenti al divino – riuscendo ad essere cosciente e pragmatica. Peccato che venga accantonata in favore di un finale classico, fin troppo classico, non riuscendo a trovare l’epifania che le avrebbe donato la terza dimensione e consacrata come giusta protagonista.
In conclusione, un film che manca nel momento in cui dovrebbe accendere i fuochi d’artificio, risultando comunque un buon intrattenimento venato di idee accattivanti, sbiadite purtroppo da una realizzazione impersonale che sceglie, troppe volte, la via facile.
P.S.: Avrei dovuto fare accenno alla colonna sonora, ma anche questa ricalca la via hollywoodiana dei film supereroistici e non mi ha lasciato alcuna traccia, ma va fatta una menzione d’onore al singolo di Kase O., Elphomega e Klau Gandía: un rap perfettamente metrico su beat old school di origine funky dance, che pare sparato direttamente da una boombox. Ed oltre a portarci dritti negli anni 90 (europei), spacca di brutto.
Recesound: Sting – Englishman in New York
P. P. S: volevo sorprendervi, ma alla fine ho scelto la via facile anche io