Tenet: recensione dell’ultimo film di Nolan – in anteprima
Tenet è il ritorno con classe di Nolan al suo storytelling tridimensionale, con una sceneggiatura multipiano che si snoda su diversi protagonisti con i riflettori puntati, che si inseguono in una trama che inizia propriamente a svelarsi verso la metà e si congiunge davvero alla fine, sussurrandoti che una seconda visione sarebbe comunque gradita.
Dopo un omaggio alle storie belliche un po’ alla Coppola di Dunkirk, il regista riprende i suoi libri di scienza, Michael Caine sullo sfondo e tanti altri elementi che meglio fanno ambientare i propri fan per una tipica (paradosso) pellicola ad alto budget (mai così in alto, 205 milioni), dove i green screen lasciano spazio ad effetti speciali più analogici. Possiamo dire che Inception sta ai film sulle rapine così come Tenet a quelli di spionaggio, e le possibilità che vi possa piacere il secondo titolo sono quasi direttamente proporzionali.
Certo John David Washinghton non avrà il carisma e la capacità polimorfica di Leonardo di Caprio, ma sa comunque tenere bene il palcoscenico digitale, soprattutto nei momenti più concitati delle scene d’azione. Anche perché il ritmo delle scene è ben scandito, e solo leggermente intaccato dai tipici “spiegoni” dei film di Nolan post The Prestige, comunque vitali per un film che deve avere un respiro mainstream e quindi coinvolgere un’audience magari anche un po’ meno attenta a dei salti di scena piuttosto frequenti.
Un piccolo prezzo da pagare per far si che arte cosi cerebrale possa comunque arrivare al grande pubblico senza eccessivi ostacoli di ricezione.Una menzione d’onore va a Ludwig Göransson, capace di non far rimpiangere lo storico collaboratore Hans Zimmer, con uno stile sonoro incalzante e adrenalinico del tutto in linea con la frenesia delle immagini.
Si ringrazia per la stesura e la collaborazione Federico Francesco Falco.